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Covid-19 e complicanze cardiovascolari – Diagnosi e terapia

Nei pazienti con C0VID-19 ricoverati alcune delle indagini diagnostiche invasive necessarie per la definizione diagnostiche delle complicanze cardiovascolari, per esempio la biopsia endomiocardica o le angiografie,  non sempre sono disponibili o, qualora lo siano, non possono essere utilizzate  a causa dell’instabilità del paziente, dei rischi connessi alle procedure, del rischio di esposizione del personale sanitario, dello scarso impatto di una diagnosi precisa sull’approccio terapeutico o sulla prognosi [1, 2]. Anche le tecniche di imaging non invasive più moderne, per esempio la TAC multidetettore o la RMN cardiaca  non sempre sono disponibili negli ospedali COVID.  La diagnosi delle complicanze cardiovascolari in questi pazienti rimane quindi spesso vaga, anche per evitare di dover sanificare i locali utilizzati anche per i pazienti non COVID dopo il passaggio di un paziente infetto, data l’estrema contagiosità del SARS-CoV 2 [2]. Le linee guida consigliano di rinviare gli accertamenti radiologici e strumentali non strettamente necessari fino al termine del periodo di contagiosità.

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Covid-19 e complicanze cardiovascolari – Patogenesi

Le complicanze cardiovascolari descritte nei pazienti con COVID-19 comprendono miocardiopatia/miocardite, aritmie, sindromi coronariche acute (SCA), scompenso cardiaco, tromboembolismo venoso e arterioso , a volte in pazienti senza sintomi e segni a carico dell’apparato respiratorio. Le complicanze cardiovascolari sono associate con un aumento della mortalità nei pzi COVID-19 .Nei bambini è stata ipotizzata una correlazione fra infezione da SARS-CoV 2 e una condizione molto simile alla malattia di Kawasaki –

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Covid-19 e complicanze cardiovascolari – Epidemiologia

La prevalenza delle cardiopatie negli affetti da COVID-19 è di circa il 3°%. Le complicanze cardiovascolari più frequenti in questi pazienti sono: miocardiopatia/miocardite, aritmie, sindromi coronariche acute (SCA), scompenso cardiaco, tromboembolismo venoso e arterioso, la malattia di Kawasaki nei bambini. Le malattie cardiovascolari e i rispettivi fattori di rischio, per esempio diabete mellito, obesità e ipertensione arteriosa, sono preesistenti nella maggioranza dei casi. Queste condizioni sono note anche come comorbilità e si sovrappongono con la risposta immunitaria. Per esempio, l’età è considerata uno dei fattori di rischio più importanti per le malattie cardiovascolari. La senescenza correla però anche con il declino della risposta immunitaria, che è sicuramente uno fattore altrettanto importante nel determinare la predisposizione alla COVID-19 e la sua gravità. Diversi sono i meccanismi implicati nella patogenesi delle complicanze cardiovascolari nei pazienti con COVID -19. La diagnosi delle complicanze cardiovascolari in questi pazienti rimane spesso vaga per l’impossibilità di effettuare indagini diagnostiche invasive a causa dell’instabilità del paziente, dei rischi connessi alle procedure, anche per il personale sanitario. Le comorbilità cardiovascolari sono associate con un aumento della mortalità e con altri indici prognostici sfavorevoli. Non esiste una terapia specifica per la COVID-19 e per le complicanze cardiovascolari ad essa associata.

filgrastim struttura tridimensionale

Neutropenia ciclica

La neutropenia ciclica è una rara malattia caratterizzata da episodi recidivanti di febbre e stomatite aftosa della durata di 3-7 giorni e la cui comparsa avviene in corrispondenza di ricorrenti periodi di neutropenia. Il numero dei neutrofili varia da valori normali (allo zenith del ciclo) fino a meno di 100/mcL. Le oscillazioni riguardano anche il numero di altri tipi cellulari del sistema emopoietico:monociti, eosinofili, linfociti, reticolociti, piastrine. La neutropenia ciclica probabilmente rappresenta un difetto di regolazione delle cellule staminali. La patogenesi della neutropenia ciclica non è completamente nota, anche se sono stee identificate mutazioni del gene ELANE che codifica per l’elastasi neutrofila. La neutropenia ciclica si osserva sia nell’infanzia che negli adulti. Durante i periodi di grave neutropenia che tipicamente durano una settimana durante ogni ciclo, i pazienti presentano malessere, febbre, stomatite aftosa. La terapia della neutropenia ciclica infantile prevede innanzitutto la somministrazione di G-CSF in pazienti con infezioni gravi e ricorrenti per ottenere un aumento stabile del valore dei neutrofili > 1000/mcl, in genere sufficiente per prevenire le infezioni. La terapia di supporto dovrebbe includere almeno le seguenti misure: regolari cure dei denti, usando antibiotici liquidi per diminuire il rischio di gengivite; terapia antibiotica aggressiva nei pazienti con febbre. La somministrazione del G-CSf deve essere continuata per tutta la vita e durante la. gravidanza.
Le cause di neutropenia sono numerose, in parte congenite e in parte acquisite. Fra queste ultime particolarmente importanza rivestono, per la loro frequenza, le neutropenie causate da farmaci fra i quali ricordiamo gli antitiroidei e molti antibiotici.
In questa rassegna saranno esposte le linee generali per la diagnosi, l’accertamento eziologico e la terapia delle sindromi neutropeniche congenite e acquisite, le quali sono trattate in dettaglio in altri articoli. Le ricerche sui nuovi  metodi terapeutici descritti non hanno ancora trovato un’applicazione clinica, pur avendo ottenuto risultati promettenti in laboratorio.

filgrastim struttura tridimensionale

Neutropenie croniche gravi – Il trapianto di midollo

Le Neutropenie croniche gravi (NCG) sono considerate condizioni preleucemiche nelle quali l’ottenimento di un chimerismo completo, cioè la totale sostituzione delle cellule staminali emopoietiche del ricevente con quelle del donatore, è la conditio sine qua non per impedire il riemergere di cloni proni alla trasformazione leucemica. La dimostrata efficacia del G-CSF ha ridotto la necessità di ricorrere ad un trattamento salvavita come il trapianto di cellule staminali emopoietiche nella maggioranza dei pazienti con NCG, ad eccezione dei pazienti che non rispondono al G-CSF e in quelli in cui si sviluppa una MDS/LMA. Oggi l’80% circa dei pazienti trapiantati per trasformazione della NCG in MDS/LMA sopravvive a lungo termine. La sopravvivenza globale dei pazienti trapiantati in Europa è dell’82% a 3 anni con una mortalità da trapianto del 17%. In Europa le principali indicazioni al trapianto di cellule staminali emopoietiche nei pazienti affetti da NCG sono: una dose quotidiana elevata di G-CSF >5 mcg/kg di peso corporeo, un numero elevato di infezioni gravi e ricorrenti, la trasformazione in MDS/LMA
Le cause di neutropenia sono numerose, in parte congenite e in parte acquisite. Fra queste ultime particolarmente importanza rivestono, per la loro frequenza, le neutropenie causate da farmaci fra i quali ricordiamo gli antitiroidei e molti antibiotici.
In questa rassegna saranno esposte le linee generali per la diagnosi, l’accertamento eziologico e la terapia delle sindromi neutropeniche congenite e acquisite, le quali sono trattate in dettaglio in altri articoli.

Elastasi neutrofila

Neutropenie congenite gravi (Severe congenital neutropenias)- Patogenesi

La maggioranza dei pazienti con neutropenia congenita grave (NCG) è portatrice di mutazioni eterozigoti del gene ELANE, una serinproteasi citotossica che viene depositata nei granuli azurofili per essere rilasciata dopo l’attivazione dei neutrofili. Finora sono state identificate oltre 200 mutazioni di ELANE. I topi transgenici portatori di mutazioni di ELANE simili a quelle umane hanno una normale granulocitopoiesi e non presentano un aumentato rischio di trasformazione leucemica. La delezione dell’intero gene ELANE nell’uomo non provoca neutropenia. Nonostante gli studi compiuti, la patogenesi della NCG da mutazioni di ELANE, il tipo più frequente di NCG, non è completamente nota,
L’elastasi neutrofila risiede prevalentemente nei granuli, ma è presente anche come proteina transmembrana nelle membrane cellulari ed è rilasciata nel siero. Il gene è espresso solamente nei promielociti e nei promonociti, ma la proteina persiste anche nei neutrofili e monociti maturi. è stato ipotizzato che le mutazioni di ELANE, e probabilmente di altri geni implicati nella SCN determinino la produzione di proteine anomale che favoriscono la risposta di stress del reticolo endoplasmatico (ERS) e la UPR, Unfolded Protein Response, o risposta alle proteine mal piegate, che portano all’apoptosi delle cellule mieloidi e all’arresto maturativo allo stato di promielocito. L’importanza di ERS e URP nel determinare l’apoptosi dei precursori neutrofili è stata di recente messa in discussione. Anche nei neutrofili dei pazienti con mutazioni di HAX-1, JAGN1, G6PC3 e SLC37A4 è possibile dimostrare un aumento dell’apoptosi.
In conclusione, i meccanismi patogenetici con i quali le mutazioni finora identificate determinano la neutropenia nei pazienti con NCG rimangono essenzialmente indeterminati.

In questa monografia esamineremo le caratteristiche principali delle forme più frequenti di neutropenie congenite, con particolare riguardo al processo diagnostico, alla terapia e alla prevenzione delle complicanze tardive.

Le cause di neutropenia sono numerose, in parte congenite e in parte acquisite. Fra queste ultime particolarmente importanza rivestono, per la loro frequenza, le neutropenie causate da farmaci fra i quali ricordiamo gli antitiroidei e molti antibiotici.
In questa rassegna saranno esposte le linee generali per la diagnosi, l’accertamento eziologico e la terapia delle sindromi neutropeniche congenite e acquisite, le quali sono trattate in dettaglio in altri articoli.

curva gravità neutropenie

Neutropenie croniche gravi – Terapia

Prima dell’avvento del G-CSF ricombinante, i pazienti on NCG erano convenzionalmente trattati con antibiotici durante gli episodi infettivi o come profilassi per aumentare il numero dei neutrofili almeno fino a 1000/µL. La disponibilità del filgrastim ha rivoluzionato il trattamento di questi pazienti, consentendo una significativa riduzione delle infezioni e il miglioramento della loro qualità di vita. In genere si inizia il trattamento con basse dosi di G-CSF (1-3 mg/kg/die) nei pazienti con NC o con dosi più alte (5mg/kg/die) in quelli con NCG. Per i pazienti che non rispondono a dosi >25-50/g/kg/die e continuano ad avere gravi infezioni batteriche il solo trattamento disponibile è costituito dal trapianto di cellule staminali. Il rischio infettivologico, al pari di quello di trasformazione in MDS/LMA, durante il trattamento vara notevolmente fra i diversi sottotipi di NCG.
Le cause di neutropenia sono numerose, in parte congenite e in parte acquisite. Fra queste ultime particolarmente importanza rivestono, per la loro frequenza, le neutropenie causate da farmaci fra i quali ricordiamo gli antitiroidei e molti antibiotici.
In questa rassegna saranno esposte le linee generali per la diagnosi, l’accertamento eziologico e la terapia delle sindromi neutropeniche congenite e acquisite, le quali sono trattate in dettaglio in altri articoli.

neutropenia grave

Neutropenie congenite- Epidemiologia e mortalità

Ad oggi sono stati identificati oltre 20 geni le cui mutazioni sono associate con la neutropenia congenita, trasmesse come carattere autosomico recessivo nella maggioranza dei casi, oppure come carattere autosomico dominante o legato al sesso (X-linked) La neutropenia congenita grave è una condizione rara la cui prevalenza è stata stimata attorno a 3-8,5 casi per milione di abitanti. Una vera e propria rivoluzione è stata la disponibilità del rG-CSF (recombinant granulocyte colony-stimulating factor ) per uso clinico, che permette di ottenere un aumento del numero dei neutrofili e la riduzione significativa del numero e della gravità delle infezioni, consentendo un sorprendente miglioramento della qualità di vita. Anche nei pazienti che sviluppano una trasformazione leucemica la sopravvivenza è oggi superiore all’80%.
La neutropenia isolata è praticamente appannaggio delle forme a trasmissione AD, la maggioranza delle quali è dovuta a mutazioni di ELANE, e non si associa in genere a ad altre malformazioni congenite[1]. Le forme a trasmissione AR fanno spesso parte di sindromi caratterizzate dalla coesistenza di anomalie gravi a carico di altri organi e tessuti che spesso prevalgono clinicamente sulla neutropenia per esempio la sindrome d Barth [2], il deficit di G6PC3 [3] o le numerose immunodeficienze primitive [4].

curva gravità neutropenie

La valutazione del paziente con neutropenia

Prima dell’avvento del G-CSF ricombinante, i pazienti on NCG erano convenzionalmente trattati con antibiotici durante gli episodi infettivi o come profilassi per aumentare il numero dei neutrofili almeno fino a 1000/µL. La disponibilità del filgrastim ha rivoluzionato il trattamento di questi pazienti, consentendo una significativa riduzione delle infezioni e il miglioramento della loro qualità di vita. In genere si inizia il trattamento con basse dosi di G-CSF (1-3 mg/kg/die) nei pazienti con NC o con dosi più alte (5mg/kg/die) in quelli con NCG. Per i pazienti che non rispondono a dosi >25-50/g/kg/die e continuano ad avere gravi infezioni batteriche il solo trattamento disponibile è costituito dal trapianto di cellule staminali. Il rischio infettivologico, al pari di quello di trasformazione in MDS/LMA, durante il trattamento vara notevolmente fra i diversi sottotipi di NCG.
Le cause di neutropenia sono numerose, in parte congenite e in parte acquisite. Fra queste ultime particolarmente importanza rivestono, per la loro frequenza, le neutropenie causate da farmaci fra i quali ricordiamo gli antitiroidei e molti antibiotici.
In questa rassegna saranno esposte le linee generali per la diagnosi, l’accertamento eziologico e la terapia delle sindromi neutropeniche congenite e acquisite, le quali sono trattate in dettaglio in altri articoli.

coronavirus

Malattia di Kawasaki – Continua  la caccia ai  virus e altri agenti infettivi

Ad eccezione  forse dell’infezione da Y. Pseudotuberculosis, solo  pochi casi delle malattie infettive sopra ricordate  hanno i sei criteri diagnostici necessari per la malattia di Kawasaki (KD). Dal momento  che la costituzione genetica condiziona fortemente  il rischio di gravi complicanze e il decorso clinico della KD, è probabile che i polimorfismi di alcuni geni specifici influenzino la risposta flogistica/immunitaria e il decorso clinico delle malattie infettive nei bambini infetti.

L’eziologia della KD rimane ancora sconosciuta, ostacolando la messa a punto di metodiche di laboratorio in grado di fornire precocemente  una diagnosi precisa e di terapie efficaci in grado di prevenire le più temibili complicanze a carico dell’apparato cardiovascolare. Fino a quando la causa della m. di Kawasaki non sarà identificata  continuerà l’appassionante dibattito  fra i sostenitori dell’anomala risposta a uno solo o auna pluralità di agenti infettivi.

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