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SCHEMA DELLA MATURAZIONE DEI LINFOCITI B.

Agammaglobulinemia autosomica

L’espressione del pre-BCR è un passaggio chiave nella maturazione della cellula pre-B nel midollo emopoietico, e richiede la presenza sequenziale di alcune molecole necessarie per la maturazione delle cellule B a partire dallo stadio di pro-B a pre-B immatura fino a linfocito B che viene quindi immesso in circolo. Le cellule pre-B esprimono il pre-BCR,un complesso recettoriale formato dalla catena pesante μ (IGHM; OMIM * 147020), Iga (CD79A; OMIM * 112205), Igβ (CD79B; OMIM * 147245),VpreB e λ5 (IGLL1; OMIM * 146770. L’assemblaggio del complesso avvia la segnalazione a valle necessaria per l’attivazione di chinasi, fra cui Btk e BLNK (OMIM * 604615) necessarie per la maturazione delle cellule B [97]. Tutte queste molecole sono importanti per la transizione della maturazione dei pro-B linfociti a pre-B linfociti; in loro assenza la maturazione dei B linfociti è quindi bloccata in uno stadio molto precoce, causando l’assenza dei B linfociti maturi nel midollo e nel sangue periferico [1]. Un fenotipo di agammaglobulinemia autosomica, indistinguibile dai precedent,i è causato da mutazioni di altri tre geni che, pur non facendo parte del BCR, sono necessari per la trasmissione del segnale a valle dopo la sua attivazione: PIK3R1 (OMIM* 171833), LRRC8 (OMIM*608360) e TCF3 (OMIM*147141).

SCHEMA DELLA MATURAZIONE DEI LINFOCITI B.

Agammaglobulinemia di Bruton legata al sesso o X-linked

L’agammaglobulinemia di Bruton è causata dalla carenza di BTK o Bruton’s tyrosine kinase, una tirosinchinasi citoplasmatica che nei linfociti B svolge un ruolo importante nella trasduzione del segnale originato dall’attivazione del BCR. In assenza della chinasi si arresta lo sviluppo die linfociti B e la sintesi di immunoglobuline. La carenza di BTK blocca infatti il riarrangiamento dei geni VDJ per la regione variabile delle immunoglobuline, e di conseguenza, la sintesi delle stesse. La riduzione delle gammaglobuline, che rasenta l’assenza completa, rende i bambini suscettibili alle infezioni batteriche e da enterovirus. L’immunodeficienza risulta mortale se non riconosciuta e trattata rapidamente. Rari casi sono stati diagnosticati in età adulta, altri avevano ricevuto in precedenza una diagnosi di immunodeficienza comune variabile o di ipogammaglobulinemia transitoria dell’infanzia. In questi casi “atipici” la diagnosi è oggi possibile con metodiche di biologia molecolare o con la citometria a flusso. L’introduzione delle immunoglobuline in terapia e profilassi per via endovenosa ha consentito di modificare radicalmente la prognosi dell’agammaglobulinemia, tanto che la maggior parte dei pazienti raggiunge l’età adulta, con una qualità di vita quasi normale.
In questa monografia discutiamo i principali aspetti dell’agammaglobulinemia di Bruton e delle altre più rare cause congenite di agammaglobulinema autosomica recessiva, quali il deficit di catene  del gene 5, del gene Ig (CD79a ) e del gene BLNK con le quali la XLA può essere confusa.

Il plasma convalescente nelle epidemie/pandemie

Il plasma convalescente, o iperimmune, è stato utilizzato come strumento per fornire una rapida protezione (immunità passiva) a pazienti in gravi condizioni nel corso di numerose epidemie/pandemie, in genere di origine virale e per le quali non esistono efficaci terapie aldilà di una terapia di supporto. La trasfusione di plasma da soggetti convalescenti dopo una recente infezione presuppone il trasferimento di anticorpi preformati presenti nel siero di donatori ex pazienti guariti da una recente infezione a pazienti non ancora immunizzatisi attivamente per proprio conto. Per quanto riguarda oltre   30 patologie infettive,  l’efficacia dell’immunizzazione passiva nella prevenzione delle malattie infettive è stata dimostrata per: tetano, Clostridium botulinum, epatite A, epatite B, RSV (virus respiratorio sinciziale), CMV (citomegalovirus), VZV (virus della varicella zoster), rabbia, morbillo e vaccinia. Inoltre, l’efficacia  dell’immunizzazione passiva è stata dimostrata, ma non è  raccomandata,  per il trattamento di alcune  infezioni batteriche, (Streptococcus, Streptococcus pneumoniae, Neisseria meningitidis e Haemophilus influenzae) e  parvovirus

Plasmocitoma solitario osseo della colonna vertebrale della terza vertebra lombare (L3). RMN. Notare l'infiltrazione della muscolatura paravertebrale e la compressione dello speco vertebrale

Plasmocitoma Osseo Solitario  – Terapia

La terapia del plasmocitoma osseo solitario si basa principalmente sulla radioterapia locale a dosi adeguate; il ruolo della chemioterapia adiuvante e nei casi ad alto rischio è controverso, mentre la chirurgia ha un’importanza limitata alla riparazione delle fratture vertebrali e agli interventi di laminectomia decompressiva. In base ai risultati degli studi clinici la RT è il trattamento raccomandato per il plasmocitoma solitario, alla dose di 40-50 Gy in 4-5 settimane, alla dose di 1,8-2 Gy per frazione, includendo nel campo d’irradiazione un margine di 2 cm circostanti la lesione o, in caso di una lesione vertebrale, anche una vertebra sopra- ed una sotto-stante a quella sede del plasmocitoma. Nonostante i progressi e il miglioramento della sopravvivenza, una recidiva si osserva in una quota dei pazienti. Finora non sono stati pubblicati studi prospettici con i nuovi potenti farmaci antimieloma come gli inbitori del proteasoma (bortezomib, ixazomib, e carfilzomib), i farmaci immunomodulanti (talidomide, lenalidomide, e pomalidomide) o gli anticorpi monoclonali (elotuzumab e daratumumab).

Plasmocitoma solitario osseo della colonna vertebrale della terza vertebra lombare (L3). RMN. Notare l'infiltrazione della muscolatura paravertebrale e la compressione dello speco vertebrale

Plasmocitoma Osseo Solitario  – Diagnosi

La progressione a mieloma multiplo compare nel 50-60% dei pazienti con plasmocitoma solitario osseo durante il decorso della loro malattia. Numerosi fattori prognostici sono stati associati alla prognosi al momento della diagnosi iniziale e prima dell’inizio della terapia nei pazienti con plasmocitoma solitario osseo: l’età; il gruppo etnico d’appartenenza; le dimensioni del tumore; la localizzazione (ossea o nei tessuti molli); la presenza di una componente monoclonale o di un alterato rapporto fra catene leggere delle immunoglobuline libere nel siero e/o nelle urine che scompaiono dopo la terapia; la presenza di plasmacellule clonali nel midollo osseo (malattia occulta); la presenza di lesioni aggiuntive a quella primaria alla risonanza magnetica nucleare o alla PET-TAC. Fra questi, la presenza di plasmacellule neoplastiche nel midollo e la dimostrazione di aree di captazione aggiuntive alla PET-TAC o di altre lesioni alla risonanza magnetica nucleare oltre a quella iniziale sono probabilmente i più potenti fattori associati alla prognosi nei pazienti con tumori plasmacellulari apparentemente localizzati. Tuttavia, mancano studi prospettici su un numero adeguato di pazienti nei quali tali fattori siano stati adeguatamente valutati.

Agamaglobulinemia Di Bruton Atipica

i con agamaglobulinemia di Bruton, o XLA, non soddisfa i criteri clinici e di laboratorio per una diagnosi tipica, pur essendo portatori del gene BTK mutato. In questi casi la malattia può manifestarsi più tardivamente, con infezioni meno gravi e con un declino progressivo delle concentrazioni di immunoglobuline nel siero. Casi tipici e atipici possono coesistere nella stessa famiglia. La terapia e la diagnosi sono identiche alla forma classica di agammaglobulinemia.

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